Fisica teorica nucleare e subnucleare

Tesi dell'ultimo triennio

 Giuseppina Orlandini


Abstracts

NASCITA DELLA FISICA NUCLEARE IN ITALIA

Il Gruppo di Fermi

Loredana Carli

INTRODUZIONE

Il lavoro presentato in questa tesi va inteso come lavoro di carattere storico sulla nascita della fisica nucleare in Italia. In particolare, esso è centrato sul gruppo di ricerca creato e diretto a Roma da Enrico Fermi (il "gruppo di Fermi"), con la cui formazione tale nascita ha essenzialmente coinciso.
Temporalmente, l'analisi effettuata ripercorre lo sviluppo della ricerca fisica in Italia su un periodo che, iniziando negli anni successivi all'Unità d'Italia e passando attraverso un regime di profonda e rapida trasformazione, si conclude idealmente nel 1938, anno in cui il Premio Nobel per la Fisica conferito a Fermi segna il culmine dell'attività scientifica condotta a Roma e, nello stesso tempo, l'aprirsi di una diversa fase, condizionata dagli sviluppi dell'imminente Guerra Mondiale.

E' opportuno aggiungere da subito che tale analisi si pone deliberatamente in un contesto circoscritto, da diversi punti di vista. Innanzitutto, nel tracciare il quadro della situazione della ricerca scientifica in Italia, si sono privilegiati gli aspetti istituzionali della ricerca condotta in ambito Universitario, facendo limitato riferimento al generale contesto economico e sociale dell'epoca. In secondo luogo, Enrico Fermi è oggi ricordato come una delle figure più rappresentative nel panorama internazionale della fisica moderna per i suoi contributi in svariati settori, che vanno dalla meccanica quantistica alla teoria quantistica dei campi (si pensi alla teoria del decadimento b ), dalla meccanica statistica alla fisica delle reazioni nucleari tra tutti questi, il nostro lavoro mette a fuoco il contributo dato in una direzione ben precisa e in un determinato periodo storico: le ricerche sui neutroni lenti, compiute durante il periodo italiano.

Tuttavia, anche con le limitazioni indicate, e volendo anche prescindere dalla portata, comunque vastissima, che tali risultati scientifici ebbero di per sé, in primo luogo contribuendo significativamente alla comprensione del meccanismo di utilizzazione dell'energia nucleare, la ricostruzione e la comprensione delle condizioni che li resero possibili rappresenta a nostro avviso una tematica estremamente affascinante. Innanzitutto, da un punto di vista strettamente storico, la nascita della fisica nucleare in Italia non va considerata come un evento fortuito ed imprevedibile, ma piuttosto come frutto di un processo al tempo stesso complesso e delicato scaturito dall'incontro di due fattori: la travolgente personalità scientifica di Fermi, da un lato, ed una sotterranea esigenza di rinnovamento della ricerca fisica dall'altro, esigenza, questa, attivamente interpretata dalla figura di Orso Mario Corbino, direttore dell'Istituto di Fisica di Roma. Di fatto, negli anni che vanno dal 1926 al 19331, anno in cui a Roma si tiene il primo congresso internazionale dedicato alla fisica del nucleo, vengono poste le basi di una ristrutturazione dell'intera fisica italiana, che ridisegna i propri obiettivi e. riorganizza il lavoro scientifico, e che, abbandonando una realtà provinciale e chiusa, si propone come interlocutore la comunità scientifica internazionale. Con Fermi che, per usare le parole di Emilio Segrè era formidabile nell'unire capacità teoriche e sperimentali", si instaura un nuovo modo di far fisica caratterizzato da un legame in precedenza sconosciuto tra teoria ed esperimento. Infine, risulta non solo storicamente interessante, ma in un certo senso attuale analizzare i criteri a cui il gruppo di l ermi si è ispirato nell'organizzare il proprio lavoro, primo tra tutti ad inaugurare quel "gioco di squadra" che è da allora in poi divenuto la forma più corrente di ricerca in fisica e che rappresenta solo una delle tante eredità dei "ragazzi di Via Panisperna".
Il contenuto della tesi è strutturato come segue.

In Appendice, infine, sono allegate le fotocopie di alcuni dei documenti storici a cui ci si riferirà nel corso della presente analisi.

DIFFUSIONE DI ELETTRONI DA METALLI ALCALINI E MODI COLLETTIVI DI SPIN

 Leonardo Colletti

INTRODUZIONE

La civiltà tecnologica moderna fonda gran parte dei suoi successi sullo sfruttamento sapiente delle proprietà degli elettroni nei metalli. Queste proprietà non determinano solamente le caratteristiche elettriche dei metalli ma virtualmente tutto il complesso di caratteristiche legate allo stato metallico.

In questa tesi si guarda al sistema di elettroni nei metalli attraverso il punto di vista della teoria dei sistemi a molti corpi. Questo settore della fisica teorica moderna si propone l'obiettivo di descrivere la dinamica dei sistemi con un numero elevato di costituenti (atomi, nuclei, liquidi quantistici ecc.) ricercando un buon accordo dati messi a disposizione da diverse tecniche sperimentali. Gli elettroni nei metalli di cui ci occupiamo qui costituiscono un esempio tipico di liquido di Fermi, cioè di sistema spazialmente omogeneo di fermioni interagenti.

In questo lavoro, allo studio più strettamente teorico, culminante con la predizione di un particolare stato di eccitazione di tale sistema (modo collettivo di spin), affianchiamo un percorso che conduca al controllo sperimentale e che affonda le sue radici nel campo della diffusione degli elettroni, largamente utilizzata per l'investigazione di sistemi atomici, nucleari e subnucleari.

Un approccio fruttuoso al problema dei liquidi di Fermi è quello di tipo semifenomenologico sviluppato da Landau nel 1956 per lo studio dell'He3 normale (cioè non superfluido) a basse temperature. In questo modello il sistema di fermioni viene trattato come un mezzo continuo e caratterizzato mediante pochi parametri macroscopici quali compressibilità, calore specifico ecc. Negli anni successivi le misure avvalorarono il buon successo della teoria di Landau, il cui raggio d'azione fu esteso all'analisi sistematica di vari fenomeni, permettendone la stima di proprietà sia statiche che dinamiche. L'estensione della teoria di Landau coinvolse, affiancata da approcci di tipo microscopico come l'Hartree-Fock o il Random Phase Approximalition, anche lo studio degli elettroni nei metalli. In particolare furono individuate, per i vari sistemi considerati, delle frequenze di eccitazione corrispondenti a moti collettivi delle particelle. Tali risonanze si collocano ad energie più alte o più basse rispetto a quelle caratterizzanti gli stati eccitati a singola particella (stati di buca-particella). Tra questi modi collettivi, la dispersione delle onde di spin nei liquidi di Fermi in presenza di un campo magnetico uniforme e costante è stata al centro dell'attenzione di varie ricerche sia sperimentali che teoriche negli ultimi anni, a partire dal 1958 quando Silin [1] [2] dimostrò, nell'ambito della teoria di Landau, l'esistenza di eccitazioni di modi di spin nei liquidi di Fermi. Questa teoria venne in seguito utilizzata per studiare la propagazione delle onde di spin nei metalli paramagnetici [3], così come nello studio delle onde di isospin nella materia nucleare asimmetrica [4] e nei nuclei atomici [5]. Onde di spin trasverse sono state misurate nel He3 liquido [6], in soluzioni He3-He4 [7] [8] e nei metalli alcalini [9] e la loro osservazione ha aperto nuove interessanti prospettive nella investigazione spettroscopica dei sistemi di fermioni. Per l'osservazione del modo collettivo di spin nel caso dei sistemi infiniti è cruciale la presenza di un campo magnetico uniforme e costante [10].

L'approccio di Landau rimane pur tuttavia una teoria piuttosto specifica, ristretta ad un nemero limitato di sistemi ed entro stretti margini di temperatura.

A partire dalla metà degli anni 60, incentivata dalla natura collettiva degli stati eccitati esibiti dai sistemi di particelle interagenti, iniziò a svilupparsi una nuova teoria di carattere macroscopico, la teoria del funzionale densità. Tale teoria è, in linea di principio, esatta ed ha come presupposto il teorema di Hohenberg e Kohn, nel quale si dimostra la dipendenza funzionale dell'energia dello stato fondamentale del sistema dalla sua densità. In seguito questa teoria venne estesa allo studio degli stati eccitati (teoria del funzionale densità dipendente dal tempo) ed utilizzata anche per sistemi non omogenei grazie all'elaborazione di approssimazioni di densità locale. Con questo approccio sono stati studiati recentemente la frequenza di plasmone nel bulk di elettroni [11] e l'eccitazione di modi di spin nei cluster di metalli alcalini [12]. Questi modi collettivi corrispondono a oscillazioni generate nel sistema dagli operatori di eccitazione  . Modi si spin eccitati da quest'ultimo operatore sono stati studiati nei sistemi paramagnetici finiti anche con un approccio basato sulle regole di somma [13]. È questo il contesto in cui si sviluppa la prima parte di questa tesi: all'interno dell'approssimazione di densità di spin locale dipendente dal tempo otteniamo e studiamo la funzione di risposta del gas di elettroni interagenti eccitato dal più generale operatore  nel limite di piccolo momento q. Viene proposta inoltre anche qui una stima ottenuta con le regole di somma.

La diffusione di elettroni da bersagli oggetto di studi teorici è una tecnica sperimentale che ha consentito fondamentali avanzamenti nella comprensione della struttura della materia a tutti i livelli (si veda ad esempio [14] [15]). L'esperimento di Frnck e Hertz (1914), che ha dimostrato la quantizzazione dei livelli energetici negli atomi, rappresenta il primo successo significativo in questo contesto. Con un balzo di un milione di elettronvolt nella scala delle energie in gioco, l'avvento della fisica nucleare ha. fatto conoscere a tale settore un impiego ancora più sistematico, ininterrottamente dalla fine degli anni trenta ad oggi e in modo accentuato a partire dalla serie di esperimenti ideati da Hofstadter e collaboratori (1950). Tra le innumerevoli sezioni d'urto approntate, enfatizziamo il lavoro di Rosenbluth [16] dove, attraverso opportuni accorgimenti, si riesce ad elaborare una sezione d'urto differenziale in cui i diversi contributi alla dinamica interna del bersaglio risultano separati e individualmente misurabili. Tale tecnica è largamente utilizzata per esempio in esperimenti di scattering elastico e inelastico volti a rivelare i dettagli della dinamica nucleare allo scopo di affinare le previsioni teoriche. I1 recente sviluppo di strumenti per la produzione e 1a rilevazione di fasci di elettroni polarizzati (ad es.[l7]) ha ulteriormente ampliato le possibilità di investigazione di questa tecnica. In questa tesi ci impadroniamo del linguaggio e del formalismo tipici delle alte energie [18] e lo adattiamo ai temi sviluppati nell'ambito del gas di elettroni interagenti, proponendoci l'obiettivo di dare forma ad una sezione d'urto nella quale siano distinguibili i diversi fattori di forma.

Concludendo possiamo così rappresentare l'idea di fondo di questo lavoro:
 
Teoria 
Esperimento
Teoria del funzionale densità (LSDA) 
Dove  è una quantità (fattore di forma) che riassume il comportamento del sistema sottoposto all'eccitazione. In quest'ottica il nostro intento è di ottenere una predizione per il fattore di forma trasverso e di predisporre le basi per la sua misura. In sostanza la struttura della tesi è la seguente:
 

ELETTRODISINTEGRAZIONE DELL'4HE IN DUE DEUTERI: IL RUOLO DELLE CORRELAZIONI DINAMICHE NELLA RISPOSTA TRASVERSA

Fortunato Ceolan

INTRODUZIONE

Lo scopo di questa tesi è lo studio di una reazione esclusiva di diffusione di elettroni su nuclei con emissione di deuteri. Ciò che si vuole indagare in particolare è il ruolo che in tali reazioni giocano le correlazioni dinamiche che hanno origine dal potenziale di interazione N-N fra. due nucleoni. Il risultato del lavoro avrebbe la pretesa di poter dare delle informazioni utili ai gruppi sperimentali che hanno misurato o hanno in progetto di misurare la parte trasversa della sezione d'urto della reazione (e, e'd).

Nello studio della fisica nucleare l'elemento fondamentale per indagare la struttura e la dinamica dei sistemi adronici è la risposta ad una sonda esterna. Tale risposta è in generale funzione dell'energia e del momento trasferito dalla sonda (w , q). Gran parte della conoscenza sperimentale del nucleo atomico inteso come nucleoni che interagiscono fortemente è venuta da questo tipo di esperimenti.

In particolare le interazioni elettromagnetiche, mediante elettroni e fotoni, hanno permesso di raccogliere molte informazioni e l'esperienza di più di trent'anni di ricerca ha portato a considerare lo scattering di elettroni come il miglior mezzo per indagare i sistemi adronici quali i nuclei atomici ed i loro costituenti. Infatti l'interazione elettromagnetica, ben conosciuta con l'elettrodinamica quantistica (QED) diviene trascurabile se confrontata con l'intensità delle interazioni fra adroni e lo scattering di elettroni può essere adeguatamente trattato assumendo la validità dell'approssimazione di Born, cioè il meccanismo di scambio di un solo fotone virtuale fra l'elettrone ed il nucleo bersaglio.

La sonda elettromagnetica permette di accedere, in linea di principio, ad importanti informazioni sulla struttura nucleare. Diversamente dalle sonde adroniche (ad esempio il protone), che interagiscono esclusivamente con la superficie del nucleo, il fotone virtuale, come quello reale, ha un libero cammino medio più grande delle dimensioni del bersaglio in modo da poterne esplorare l'intero volume.
Rispetto all'assorbimento di un fotone reale, lo scattering di elettroni ha maggiori potenzialità: la variazione indipendente del momento e dell'energia trasferiti, e la polarizzazione, longitudinale e trasversale, del fotone virtuale scambiato permettono di accedere ad un maggior numero di informazioni complementari sulla dinamica della targhetta.

Le reazioni di diffusione degli elettroni possono essere di tipo inclusivo, cioè reazioni in cui le osservazioni sperimentali sullo stato finale del sistema riguardano solamente l'elettrone diffuso, e quelle variamente esclusive in cui vengono osservati anche uno o più frammenti del bersaglio.

Le reazioni esclusive più conosciute sono (e, e'N) ed (e, e'2N) le quali permettono di indagare rispettivamente le proprietà ad uno o due corpi della dinamica nucleare cioè il comportamento di un nucleone che si muove in un campo medio generato dagli altri nucleoni o le correlazioni "medie" fra due nucleoni dovute ovviamente all'insieme delle correlazioni fra la coppia in questione ed il resto dei costituenti.

Dunque le reazioni esclusive, che coinvolgono l'emissione di due nucleoni, offrono le maggiori opportunità per studiare le correlazioni poiché, rispetto all'emissione di un solo nucleone, danno informazioni più ricche e dettagliate sulla dinamica N-N. Infatti è evidente che una reazione con l'emissione di un solo nucleone riflette la dinamica a due corpi solo in maniera integrata.

L'interesse presentato dalle correlazioni dinamiche a due corpi ha origine dal fatto che queste riflettono le proprietà del potenziale N-N a lungo e corto raggio. Da un lato le correlazioni a lungo raggio descrivono il comportamento collettivo di tutte le particelle, dall'altro le correlazioni a corto raggio tengono conto della natura repulsiva del potenziale fra i nucleoni a distanze molto piccole. Nelle distanze intermedie il carattere non centrale del potenziale introduce ulteriori correlazioni, dal momento che è la parte tensoriale a dominare queste distanze.

Le reazioni a due corpi, però, sono di difficile attuazione poiché necessitano di una tripla coincidenza. Un'eccezione interessante sono le reazioni del tipo (e,e'd), scattering esclusivo con emissione di deuterio. Queste razioni sono sperimentalmente equivalenti alle reazioni di emissione di una singola particella ma hanno la peculiarità di poter dare numerose informazioni sulle correlazioni a due corpi ed in particolare quelle tensoriali ed a corto raggio.

Le prime indagini sperimentali, con reazioni del tipo (e, e'd), risalgono agli anni '70 [22, 23] in Germania all'elettrosincrotrone DESY ed in Francia a Saclay. Poi a partire dalla seconda metà degli anni '80 in Olanda ai Laboratori NIKHEF di Amsterdam [24, 25, 26, 27, 28] si è sviluppato un forte interesse motivato dalla necessità di verificare le nuove teorie per le correlazioni dinamiche, che vanno oltre ai modelli a particelle indipendenti. Questo lavoro ha suscitato discreto interesse anche in altri gruppi di ricerca [29, 9].

La trattazione teorica della reazione (e, e'd) trova già alla fine degli anni '70 un ottimo lavoro di Kratscmer [30] dove il problema delle correlazioni a corto range e le interazioni allo stato finale (FSI) vengono analizzate in maniera dettagliata. In particolare viene messa in evidenza l'importanza di tale reazione per l'evoluzione delle teorie rispetto a quelle di campo medio, dove i nucleoni si considerano indipendenti e liberi di muoversi e l'interazione N-N entra, quindi, solo attraverso il campo in maniera mediata.

Dall'inizio degli anni '90 un rinnovato interesse teorico vede il gruppo di Trento protagonista in questo studio, stimolato dal forte interesse sperimentale di cui si è detto sopra e dalle prospettive aperte dall'entrata in funzione dei nuovi acceleratori ad alto ciclo utile a Mainz ed a CEBAF. In un primo lavoro [15], era stata analizzata la reazione 4He(e, e'd)d misurata a NIKHEF ed era stato studiato in particolare il ruolo dell'interazione nello stato finale nel fattore di struttura longitudinale d'urto. I risultati di quel lavoro avevano portato alla convinzione che gli effetti della FSI dovuti in particolare all'ortogonalità degli stati iniziali e finali erano piuttosto rilevanti specialmente nella parte monopolare della funzione di risposta. Si era generata dunque l'idea che tali effetti potessero essere molto minori nella funzione di struttura trasversa dove ben note regole di selezione vietano l'esistenza della parte monopolare. Minimizzare il ruolo della FSI è la condizione necessaria per poter studiare il ruolo delle correlazioni dello stato fondamentale del sistema che viene sottoposto alla reazione. Uno studio di queste correlazioni nella parte longitudinale della sezione d'urto era comunque stato fatto [14] ed aveva mostrato effetti interessanti per alcune cinernatiche. Rimaneva, però, la necessità, di indagare tali effetti nel canale trasverso, probabilmente più pulito dal punto di vista delle FSI, anche se questo si presentava molto più complicato dal punto di vista computazionale. Esattamente questo è ciò che è stato portato a compimento in questa tesi che è stata articolata come segue.

Nel primo capitolo si riporta in maniera dettagliata il calcolo della sezione d'urto della reazione (e, e'd). In particolare vengono ripercorsi in dettaglio i passaggi per cui la contrazione fra il tensore leptonico ed il tensore adronico porta ad esprimere la sewione d'urto della reazione mediante delle funzioni di struttura.

Nel secondo capitolo viene descritto come una scelta opportuna delle coordinate porti ad un'espressione trasparente dell'elemento di matrice che costituisce la funzione di struttura trasversa. Viene inoltre evidenziata l'esatta trattazione dell'antisimmetrizzazione degli stati iniziali e finali.

Nel terzo capitolo si riportano i modelli usati per descrivere le correlazioni a corto raggio e tensoriali nella funzione d'onda dell'elio.

Nel quarto capitolo si descrivono i procedimenti e le tecniche di calcolo simbolico e numerico necessari al calcolo della funzione di struttura trasversa.

Infine nel quinto capitolo si discutono i risultati ottenuti e si traggono alcune conclusioni.

STUDIO DELLE REAZIONI DI EMISSIONE A DUE NUCLEONI INDOTTE DA FOTONI REALI

Barbara Curro' Dossi

INTRODUZIONE

Lo scopo della fisica nucleare è studiare le proprietà dei nuclei atomici a tal fine si fa uso di sonde che possono essere costituite da fasci di fotoni, elettroni, protoni, neutroni, deutoni, a , etc. .
Di queste le sonde che interagiscono elettromagneticamente hanno un grande vantaggio rispetto a quelle adroniche. Queste ultime, infatti, interagiscono fortemente con il nucleo e la complessità del fenomeno ne rende difficile lo studio e la descrizione. L'interazione elettromagnetica, invece, essendo relativamente debole è ben conosciuta. e permette di separare gli aspetti di struttura nucleare da quelli connessi alla reazione stessa.

In questa tesi verrà preso in esame un processo di interazione tra radiazione elettromagnetica e nucleo, in particolare la sonda è costituita da un fascio di fotoni.
La tecnologia in uso non solo rende disponibili raggi g adatti allo studio dell'interazione nucleare, ma riesce anche a determinare con notevole precisione l'energia del fotone interagente con il nucleo; tale tecnica di "etichettamento" (tagging) è stata usata nell'esperimento trattato in questa tesi e verrà descritta successivamente.

Una sonda elettromagnetica si può paragonare ad una lente di ingrandimento il cui potere risolutivo aumenta all'aumentare dell'energia del quanto incidente.

Aumentando la frequenza dei fotoni che costituiscono il fascio, si può studiare il nucleo sempre più in dettaglio: si passa da fenomeni collettivi ad interazioni che coinvolgono il singoli costituenti del sistema nucleare. Per ogni energia dell'onda elettromagnetica incidente, che indicherò con Eg , si ha una certa probabilità. di transizione e, conseguenza, una sezione d'urto nucleare, s . Se riportiamo in un grafico quest'ultima quantità osservabile in funzione di Eg , notiamo una successione di strutture risonanti che si possono mettere in relazione con differenti meccanismi di reazione.
Possiamo distinguere cinque zone (vedi figura 1).

Figura 1:
Sezione d'urto totale di fotoassorbimento in funzione dell'energia del fotone incidente.

A basse energie osserviamo una successione di picchi, molto stretti che corrispondono all'eccitazione nucleare in stati legati più energetici rispetto a quello iniziale.
Successivamente il singolo nucleone riesce a raggiungere la zona dello spettro continuo per poi essere emesso dal nucleo. Nella maggior parte dei casi il fenomeno aviene per un valore di Eg di circa una decina di MeV.

In seguito troviamo la regione della risonanza gigante: il nucleo risponde collettivamente alla sollecitazione di natura elettromagnetica. Se Eg supera, i 140 MeV, cioè la soglia di produzione del pione: pioni reli possono essere fotoprodotti a frequenze ancor più elevate, si possono osservare eccitazioni di nucleoni in stati isobarici.

Nell'intervallo di energia che c'è tra la risonanza gigante e la soglia di fotoproduzione del pione c'è la cosiddetta regione del "quasi-deutone". Infatti si può osservare che in tale zona la sezione d'urto risulta proporzionale a quella di fotodisintegrazione del deuterio.

Usando una sonda elettromagnetica in questo intervallo si osservano gli efetti dovuti alle correlazioni a corto raggio tra coppie di nucleoni. I dati analizzati in questa tesi si trovano in tale regione Eg presenta il picco di maggior intensità a 78.8 MeV) e si riferiscono al 28Si.

Per quanto riguarda i processi di fotoassorbimento tutte queste regioni sono state oggetto di numerosi studi teorici; la, fotoreazione esclusiva di emissione di due nucleoni da parte del nucleo è invece un processo assai poco studiato, a causa delle intuibili difficoltà di un esperimento in cui si acquisiscano dati in coincidenza.
In questa tesi sarà preso in esame un esperimento di fotoemissione a, due nucleoni da parte del 28Si.

L'energia della sonda elettromagnetica è compresa nella zona del quasi-deutone L'apparato sperimentale usato è stato progettato per osservare principalmente la reazione 28Si(g,pn)26Al. Abbiamo acquisito ed analizzato i dati, ricavando le informazioni cinematiche interessanti ai fini dell'interpretazione teorica. Successivamente abbiamo elaborato un modello sulla base di quanto suggerito inizialmente da Levinger e da Gottfried, (le loro trattazioni saranno descritte in seguito) e confrontato la sezione d'urto sperimentale con quella ricavata teoricamente. La stesura di questa tesi è articolata nel modo descritto in seguito.

Nel primo capitolo è stato presentato un quadro teorico sulle reazioni fotonucleari, con un particolare riferimento ai modelli che descrivono la fotoemissione di una coppia di nucleoni esistenti in bibliografia.
Nel secondo e nel terzo capitolo è stato descritto l'apparato sperimentale usato per rivelare la reazione nucleare studiata. In particolare nel secondo capitolo viene caratterizzata la sorgente di fotoni, mentre in quello successivo viene descritto l'apparato di rivelazione.

Nel quarto capitolo vengono presentate le calibrazioni software e la, procedura di analisi dei dati e viene data un'interpretazione dei risultati ottenuti.

Nel quinto capitolo viene presentato il modello teorico per la sezione d'urto differenziale di fotoemissione a due nucleoni, viene fatto un calcolo per la reazione esclusiva 28 Si(g ,pn) con le quantità rivelate durante 1'esperirnento e viene fatto un confronto fra sezione d'urto teorica e sezione d'urto sperimentale.

DIFFUSIONE INCLUSIVA DI ELETTRONI SU NUCLEI A TRE CORPI: LE FUNZIONI DI RISPOSTA LONGITUDINALI CON IL METODO DELLE TRASFORMATE INTEGRALI

INTRODUZIONE

La diffusione di elettroni da parte di sistemi nucleari è un mezzo molto efficace per ottenere informazioni su importanti proprietà dei nuclei. Da un punto di vista teorico il meccanismo di interazione dell'elettrone con la carica e la corrente del sistema è ben conosciuto e può essere separato dagli aspetti che riguardano la struttura interna del nucleo. L'interazione elettromagnetica, inoltre, è debole se confrontata con la forza tra adroni. Per questo l'elettro-diffusione è adeguatamente trattata dalla teoria perturbativa al primo ordine, che descrive il processo di interazione come scambio di un singolo fotone virtuale con dati energia e momento (approssimazione di Born). In questa approssimazione, che è trattata nel Capitolo 1, la sezione d'urto è caratterizzata dalla contrazione di due tensori: il tensore dei leptone, completamente determinato nell'ambito della elettrodinamica quantistica, ed il tensore adronico, che descrive la transizione del sistema indotta dall'elettrone ed è direttamente collegato alla struttura interna del bersaglio. È nel tensore adronico che è contenuta tutta l'informazione sulla dinamica nucleare.

Nel processo inclusivo (e,e') solo l'elettrone diffuso viene rilevato, mentre lo stato finale del nucleo rimane inosservato. La sezione d'urto risulta allora scomposta in due parti: la funzione di risposta (o di struttura) longitudinale, che nasce dall'interazione dell'elettrone con la carica del nucleo, e la funzione di risposta trasversa, che contiene informazioni sull'interazione elettronica con le correnti di magnetizzazione e di convezione del bersaglio. Tali funzioni dipendono dall'energia w e dal momento ïïtrasferiti dall'elettrone al nucleo e possono essere separate sperimentalmente attraverso l'esecuzione di misure di sezioni d'urto in cui energia e momento trasferiti sono mantenuti costanti, mentre viene variato l'angolo di diffusione.

La valutazione teorica delle funzioni di risposta richiede la conoscenza dello insieme completo degli autostati dell'Hamiltoniana di interazione, ma per sistemi a più di due corpi, l'approccio diretto è reso molto complesso dall'apertura di un numero sempre maggiore di canali asintotici (stati finali) all'aumentare dell'energia trasferita. È necessario perciò ricercare dei metodi per risolvere il problema senza ricorrere alle funzioni d'onda dello spettro continuo.

In questo lavoro abbiamo raggiunto tale scopo ricostruendo la funzione di risposta longitudinale RL(w , ïï) di elio 3 e trizio, nella regione dell'energia in cui essa presenta un pronunciato picco quasi-elastico, a partire dalla sua conoscenza in uno spazio trasformato dell'energia. Tale approccio è reso possibile grazie al fatto che nelle proprietà integrali della risposta stessa, e quindi nelle sue trasformate, è mantenuta tutta 1'informazione sulla dinamica del sistema [32].

I1 vantaggio offerto da questo metodo consiste nella possibilità di calcolare trasformate della funzione di risposta con kernels di Stieltjes o di Lorentz a partire dalla soluzione di un'unica equazione di stato legato non omogenea, ottenuta applicando la proprietà di chiusura degli stati finali. A causa delle condizioni al contorno simili a quelle per lo stato legato, le difficoltà nel risolvere queste equazioni sono di gran lunga inferiori a quelle che si incontrano nella soluzione del problema per gli stati nel continuo. Ciononostante, in tale equazione è contenuta l'intera dinamica del nucleo, comprese quindi le cosiddette interazioni degli stati finali (FSI). Queste sono normalmente ritenute di scarsa rilevanza nella regione del quasi-elastico e perciò ignorate o trattate approssimativamente. Come vedremo, esse possono invece dare un notevole contributo.

L 'efficacia del metodo delle trasformate integrali per il calcolo delle funzioni di risposta è stata verificata con successo nello studio dell'elettro-diffusione di sistemi di due corpi [7, 8, 9], dei quali sono ben note, sotto il profilo teorico, tutte le proprietà dinamiche.

I1 problema di sistemi a tre corpi, il cui formalismo è introdotto nel Capitolo 2, rappresenta invece a tutt'oggi un ambito di indagine parzialmente inesplorato. È abbastanza recente infatti lo sviluppo di tecniche per un accurato calcolo numerico della funzione d'onda dello stato fondamentale di tali sistemi, utilizzando potenziali realistici nucleone-nucleone. Esse si basano su metodi variazionali e sul metodo di Faddeev [19]. La conoscenza dell'esatta soluzione dell'equazione di Schroedinger per lo stato fondamentale ha posto le basi per la descrizione teorica dell'elettro-diffusione elastica su 3He e 3H [24, 40], dove stato iniziale e finale del nucleo sono il medesimo stato legato, con fissati momento angolare e parità.

L'analisi teorica dei processi inelastici è invece molto più complicata, in quanto tali processi inducono delle transizioni in stati di diffusione con differenti momenti angolari e parità. La conoscenza degli stati finali è legata perciò alla risoluzione dell'insieme di equazioni di Schroedinger corrispondenti ad ogni stato di diffusione il cui comportamento asintotico, come già detto, rende le condizioni al contorno difficili da trattare. Questo calcolo è stato solo molto recentemente affrontato [40, 23] ed ha richiesto l'impiego di lunghe e complesse elaborazioni numeriche.

In questa tesi si è dimostrato come sia possibile risolvere i] problema della diffusione inclusiva come problema di stato legato, ridimensionando drasticamente la complessità, sia da un punto di vista teorico che computazionale. Dunque abbiamo calcolato le trasformate di RL(w , ïï) di 3He e 3H con la teoria di Faddeev per tre corpi, risolvendo un'equazione integrale non omogenea, descritta nel Capitolo 3, con i metodi numerici presentati nel capitolo 5. La soluzione è stata ricavata nella rappresentazione dello spazio dei momenti, utilizzando i potenziali realistici di Reid [34]e di Bonn [28]. Tale rappresentazione è introdotta nel Capitolo 4. La scelta dello spazio dei momenti come sistema di coordinate è dovuta alla forma in cui molti potenziali mesonici sono naturalmente dati: la loro trasformazione nello spazio delle coordinate richiede infatti approssimazioni non trascurabili.

I1 problema della ricostruzione delle funzioni di risposta a partire dalla conoscenza delle loro trasformate è stato risolto utilizzando il metodo di inversione descritto in [9]. I risultati ottenuti, discussi nel Capitolo 6, mostrano un buon grado di accuratezza e di stabilità dell'inversione anche in presenza di errori non trascurabili nelle funzioni trasformate. Infatti, per uno stabilito valore di ïï, abbiamo confrontato i nostri risultati con i dati ottenuti attraverso la valutazione teorica diretta proposta in [22]. Abbiamo potuto constatare come la trasformata di Lorentz assicuri una miglior riproduzione di RL(w , ïï) rispetto alla trasformata di Stieltjes, confermando i risultati dello studio sui sistemi a due corpi. Risultati originali sono stati ottenuti poi per diversi valori del momento trasferito. Essi mostrano un sorprendente accordo con i dati sperimentali anche per alti momenti.

Nel capitolo conclusivo vengono analizzati i limiti e proposti possibili miglioramenti delle tecniche utilizzate.

Parte di questa tesi è stata realizzata presso l'Istituto di Fisica Teorica della Ruhr-Universitaet di Bochum in Germania. In particolare in quella sede sono stati messi a punto i programmi relativi al calcolo delle trasformate integrali.
 
 

METODO COVARIANTE DI NUCLEONE SUL FRONTE DI LUCE, CON APPLICAZIONI ALLA  DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA

INTRODUZIONE

Una ricerca abbastanza lunga
tenderà a confermare una qualsiasi teoria.
(Legge di Murphy sulla Ricerca)
 I fenomeni legati all’interazione forte hanno riscosso, nel corso degli ultimi quarant’anni, un grande interesse nel campo della ricerca fisica sia sperimentale che teorica. Lo studio dei processi di diffusione ad alte energie, da un lato ha consentito di gettare le basi per una teoria fondamentale dell’interazione adronica, dall’altro ha fornito molteplici preziose informazioni circa la ricca e complicata struttura degli adroni. In particolare, gli esperimenti di diffusione profondamente anelastica di leptone su nucleone, eseguite ad energie dell’ordine dei GeV, hanno messo in luce l'esistenza di gradi di libertà interni al nucleone.

A partire da queste osservazioni, sono stati formulati contemporaneamente dei modelli teorici di nucleone e di interazione forte. Il primo di questi (Modello a Partoni) è dovuto a Feynmann e risale alla fine degli anni sessanta. In esso l'interazione adronica non è affatto considerata e lo scattering avviene per via elettromagnetica, incoerente ed elastica sul singolo costituente (partone). Pur avendo rappresentato un grande passo in avanti nella comprensione della fenomenologia dell’interazione adronica e della struttura degli adroni, questo modello non è in grado di riprodurre completamente l'andamento dei dati sperimentali. Ciò rese necessaria l'elaborazione di una teoria interagente.
La Quanto-Cromo-Dinamica (QCD) è una teoria di gauge non abeliana e costituisce, tuttora, la principale candidata per una teoria di campo rinormalizzabile dell’interazione forte. A differenza della Quanto- Elettro-Dinamica (QED), che descrive con un elevatissimo grado di precisione l'interazione elettromagnetica, la QCD è una teoria asintoticamente libera, vale a dire che la sua costante di accoppiamento cresce all’aumentare del valore del quadrimomento che viene trasferito dal fotone virtuale durante l’urto con il bersaglio. Questa caratteristica impedisce di utilizzare un approccio perturbativo a tutte le energie. Anche nella sua parte perturbativa, tuttavia, la teoria non è in grado di fornire previsioni assolute sugli osservabili, ma permette solamente di porre in relazione i valori dello stesso osservabile ad energie diverse, attraverso una procedura nota come evoluzione della QCD.

Un procedimento adottato comunemente per effettuare il confronto con i dati sperimentali si divide, schematicamente, in due sezioni distinte. Inizialmente si elabora un modello di nucleone che fornisca i valori dell’osservabile di interesse ad una scala non perturbativa oltre la quale si suppone sia possibile applicare l'approccio perturbativo (scala adronica). Successivamente tale valore viene fatto evolvere fino alla scala alla quale si trovano i dati e si effettua il confronto. Il procedimento di evoluzione è basato su un approccio perturbativo e un’espansione al Leading Order nella costante di accoppiamento sembra non essere adeguata. Studi compiuti recentemente in questo dipartimento hanno prodotto il software che implementa il procedimento di evoluzione fino al Next to Leading Order. In questo modo, la parte perturbativa della teoria sembra aver raggiunto un grado di sviluppo soddisfacente.

Al contrario, la parte non perturbativa, rappresentata dall’input fenomenologico alla scala adronica, presenta ancora diversi limiti. Il principale è rappresentato dal fatto che i modelli di nucleone a tale scala sono basati su una teoria hamiltoniana non relativistica. Questo fatto comporta diversi tipi di inconvenienti. Innanzi tutto il quadro generale risulta non essere coerente, dal momento che osservabili ottenuti da una teoria non covariante vengono utilizzati in una teoria covariante. Inoltre i modelli non relativistici, per quanto raffinati, risultano avere una attendibilità modesta; infatti un semplice calcolo mette in evidenza che gli effetti della covarianza dovrebbero introdurre correzioni dell’ordine del 30% sugli osservabili calcolati in una teoria non relativistica.

Abbastanza di recente è stata sviluppata una teoria quantistica, covariante, di tipo hamiltoniano, applicabile a tutti i sistemi in cui non sono presenti stati ad energia negativa. Dal momento che tale approssimazione appare ragionevole, alla scala adronica, è possibile formulare un modello di nucleone a quark costituenti che abbia applicazioni alla diffusione profondamente anelastica. In questo ambito si inserisce questo lavoro di tesi che presenta diversi contributi originali.
Innanzitutto, si è elaborato un modello covariante basato su un potenziale statico ispirato alla teoria fondamentale (calcoli sul reticolo). Sono già stati proposti alcuni modelli covarianti di barione, anche se pochissime sono state le applicazioni alla diffusione profondamente anelastica. Tuttavia occorre notare che tutti questi lavori presentano limiti di attendibilità. Questo è dovuto al fatto che le tecniche numeriche per la determinazione della parte spaziale della funzione d’onda, di vasto utilizzo nel caso non relativistico, non possono essere applicate in una teoria relativistica. Tale inconveniente viene spesso aggirato proponendo direttamente una funzione parametrizzata. In altri casi la funzione d’onda viene determinata numericamente, ma soltanto modificando in maniera pesante ed irrealistica l'Hamiltoniana interna. Le difficoltà nell’individuazione di soluzioni attendibili hanno rappresentato, probabilmente, l'ostacolo maggiore nello sviluppo di queste applicazioni.

Nell’ambito del nostro lavoro è stato elaborato un metodo numerico originale che permette di calcolare la funzione d’onda ed i livelli energetici del nucleone, senza fare uso di dette semplificazioni.
Tramite esso, abbiamo potuto studiare gli effetti dell’introduzione della relatività, sulle distribuzioni dei momenti dei quark costituenti, sia nel caso di diffusione polarizzata che non polarizzata. In questa sezione i calcoli sono stati eseguiti in maniera quasi sempre analitica.

Nel caso non polarizzato, l'analisi comparata dei risultati di una teoria relativistica con quelli di una teoria non relativistica ha portato alla conclusione che gli effetti della covarianza si riflettono sul fatto che le distribuzioni dei momenti risultano essere soppresse nella regione di componenti ad alto impulso.
L’analisi si è rivelata particolarmente interessante nel caso polarizzato, poiché l'introduzione dell’ingrediente relativistico si riflette nella comparsa di nuovi termini che dipendono dai momenti relativi dei quark costituenti e provengono dalla parte di spin della funzione d’onda. Essi scompaiono nel limite di piccole velocità, e pertanto contengono la fisica derivante dagli effetti relativistici.

Successivamente, ci siamo dedicati al confronto con i dati sperimentali delle funzioni di  (che sono gli osservabili di maggior interesse nei processi di diffusione anelastica). A tal fine ci si è serviti dei programmi di evoluzione sviluppati, negli anni passati, da questo dipartimento.

Le previsioni relative alle funzioni di struttura non polarizzate  ottenute utilizzando il nostro modello, si adattano ai dati decisamente meglio di quelle derivanti dai modelli non relativistici proposti sino ad ora.
Anche la funzione di struttura polarizzata  (relativa al protone) è decisamente più vicina ai dati di quelle ottenute da una teoria non covariante.

Al contrario, le previsioni inerenti la funzione di struttura polarizzata del neutrone non sono sostanzialmente migliorate dal nostro modello. Una possibile spiegazione di questo disaccordo risiede nel fatto che si è fatto uso di un potenziale invariante sotto trasformazioni SU(6), legate alla simmetria di spin e di sapore e ciò costituisce un’approssimazione troppo grossolana, nel caso del neutrone.

Da ultimo, a partire dal nostro modello, si sono ricavate delle previsioni assolute riguardanti la polarizzazione dei gluoni, campo nel quale sono in corso importanti progetti sperimentali (COMPASS e BICH) che dovrebbero fornire i primi dati già alla fine dell’anno 2000.

Complessivamente, si può dire che questi risultati siano estremamente incoraggianti nei confronti di un approccio covariante basato sul Modello a Quark Costituenti. D’altra parte, essendo questo un lavoro per certi aspetti ancora introduttivo, esistono numerosi sviluppi che potrebbero essere effettuati in futuro.

Ad esempio, riteniamo sia doveroso controllare che alcune ipotesi che abbiamo formulato, che costituiscono delle ottime approssimazioni nei modelli non relativistici, siano ancora giustificate, in un contesto covariante.

Sarebbe poi interessante ripetere l'analisi che abbiamo effettuato, utilizzando dei potenziali che descrivono in maniera estremamente accurata lo spettro dei barioni e che rompono l'invarianza dell'Hamiltoniana per trasformazioni SU(6). Questo dovrebbe migliorare l'accordo delle funzioni di struttura polarizzate del neutrone con i dati sperimentali.

Per concludere, segnaliamo che i risultati ottenuti nel caso polarizzato sono stati inclusi in un lavoro, sottoposto per la pubblicazione presso la rivista Physics Letters. In esso, sono riportate anche le previsioni riguardanti la polarizzazione dei gluoni.

Nella stessa lettera si fa riferimento ad un altro articolo, attualmente in preparazione, più espressamente dedicato al modello ed al metodo numerico elaborati nell’ambito di questo lavoro di tesi.

REGOLE DI SOMMA PER LE ECCITAZIONI BARIONICHE: CONTRIBUTO DEI QUARK ALLA POLARIZZABILITA' ELETTRICA ED ALLA SUSCETTIVITA' MAGNETICA DEL NUCLEONE

INTRODUZIONE

"Ho studiato I’urto pione-protone e mi accorgo che è come
se avessi studiato l’urto tra due nuclei complicati."
Enrico Fermi (1954)
Il nucleone non è puntiforme, ma ha una complessa struttura interna, di cui lo spettro di eccitazione e la distribuzione di carica, rivelati sperimentalmente, sono manifestazioni dirette: non è, quindi, una particella propriamente "elementare" e può essere descritto, come gli altri adroni, in termini di quark.

In accordo con la moderna teoria delle interazioni forti, la Cromodinamica Quantistica o QCD, i quark interagiscono attraverso lo scambio di bosoni vettoriali, detti gluoni. La QCD è una teoria di campo di gauge, che ha molti aspetti in comune con l'Elettrodinamica Quantistica (QED). La differenza importante rispetto a quest’ultima, consiste nel carattere non-abeliano della QCD: il campo gluonico trasporta esso stesso colore (l'analogo della carica elettrica per l'elettrodinamica) e sono possibili interazioni dirette gluone-gluone (il fotone invece non trasporta carica e non può esserci interazione fotone-fotone). Di conseguenza, la costante di accoppiamento forte aS diminuisce all’aumentare del momento trasferito Q2, rendendo "asintoticamente libera" l'interazione tra i quark: in tale range, essi si comportano come particelle non interagenti, cioè essenzialmente libere. Perciò, solo per alti impulsi trasferiti, il problema dello studio del nucleone e dell’interazione tra quark può essere trattato da un punto di vista perturbativo. A bassi valori di Q2, range di maggiore interesse per la fisica nucleare, la soluzione delle equazioni della QCD presenta delle complicazioni matematiche ancora insuperabili: questo fatto ha favorito lo sviluppo della "modellistica".

I modelli per il nucleone utilizzati nel presente lavoro, modelli non relativistici a quark costituenti, rappresentano un esempio di come sia possibile, e, se vogliamo, sorprendente, riprodurre, senza ricorrere alla teoria esatta, molte proprietà degli adroni: i loro numeri quantici di spin, parità, isospin e stranezza, l'esistenza dei "supermultipletti" SU(6) nello spettro, i momenti magnetici. Per quanto riguarda il nucleone, recentemente sono state misurate con un buon grado di precisione anche la polarizzabilità elettrica e la suscettività magnetica (come vedremo nel terzo capitolo i risultati relativi al neutrone sono più incerti di quelli relativi al protone). Queste sono delle costanti di struttura importanti perché descrivono la "facilità" con cui può essere indotto un dipolo (elettrico o magnetico) dalla presenza di un campo (elettrico o magnetico) esterno e danno informazioni indirette sulla disposizione delle cariche all’interno della particella e sulle forze con cui queste interagiscono. Il calcolo teorico della polarizzabilità, elettrica e della suscettività magnetica del nucleone all’interno dei modelli a quark generalmente usati, potrebbe contribuire ad evidenziarne pregi e difetti. Mancando una convincente base teorica derivante dalla teoria dei campi, infatti, i modelli a quark per gli adroni vengono via via migliorati su basi puramente fenomenologiche.

All’interno dei modelli a quark la polarizzabilità elettrica e la suscettività magnetica possono essere stimate utilizzando la tecnica delle Regole di Somma per le eccitazioni barioniche, che descriviamo in dettaglio nel primo capitolo della tesi. Nello stesso evidenziamo la connessione tra queste grandezze, la sezione d’urto di assorbimento della radiazione elettromagnetica ed i momenti della distribuzione delle strength di dipolo (strength distribution). Questi ultimi, attraverso opportune combinazioni che ricaviamo esplicitamente, definiscono dei limiti inferiori e superiori per la polarizzabilità elettrica e per la suscettività paramagnetica. Il metodo è molto utile quando non si hanno sufficienti informazioni sullo spettro di eccitazione del sistema ed in particolare non si conoscono tutte le funzioni d’onda che descrivono gli stati eccitati. Il fatto che esso riesca a fornire solo una "stima" delle grandezze che descrivono la risposta del sistema alla sollecitazione esterna, non rappresenta un grosso problema. Alla fine del primo capitolo, infatti, attraverso l'applicazione della tecnica a Regole di Somma al calcolo della polarizzabilità elettrica dell’idrogeno, mostriamo come questa stima sia definita da limiti inferiori e superiori piuttosto stretti ed in accordo con i dati sperimentali. La scelta dell’idrogeno permette una dimostrazione rigorosa dell'efficacia di questa tecnica, perché è possibile confrontare il valore stimato con il valore esatto (tutti gli stati dello spettro di eccitazione dell’idrogeno sono noti), ricavato attraverso altri metodi (perturbativi).

Nel secondo capitolo presentiamo le caratteristiche principali dei modelli non relativistici a quark costituenti vecchi e nuovi, prestando particolare attenzione alla descrizione dello spettro di eccitazione (nella regione 1-2 GeV) e della distribuzione di carica del nucleone che li caratterizzano. L’intento è quello di fornire un test di validità preliminare.
Nel terzo capitolo calcoliamo esplicitamente i limiti superiori ed inferiori per la polarizzabilità elettrica e per la suscettività magnetica, all’interno di questi modelli. I valori trovati sono messi in relazione con la descrizione dell’interazione tra quark caratteristica di ogni singolo modello. In particolare, cerchiamo di evidenziare il ruolo delle forze a tre corpi e gli effetti dei termini (dipendenti dallo spin) che provocano la rottura della simmetria SU(6) nei potenziali. Attraverso il confronto con i dati sperimentali, i nostri risultati possono essere usati per valutare il contributo del core dei quark e della nube mesonica alla polarizzabilità elettrica ed alla suscettività, magnetica. Per quanto riguarda la polarizzabilità elettrica, alcuni modelli prevedono un contributo mesonico confrontabile con quello delle eccitazioni dei quark (risonanze), altri un contributo dei quark molto più basso (dell’ordine del 10% del valore totale), in accordo con altre recenti stime teoriche. Tutti i modelli confermano che la differenza tra la polarizzabilità elettrica del protone e del neutrone, sia da mettere in relazione con i gradi di libertà pionici. I singoli contributi alla suscettività , magnetica sembrano essere confrontabili in tutti i modelli, ma questo confronto necessita misure sperimentali meno incerte. I risultati relativi al contributo della nube pionica alla suscettività magnetica sono comunque consistenti con quelli ottenuti dall’analisi della sezione d’urto di dipolo magnetico per la fotoproduzione dei pioni. Tra i modelli più recenti, uno in particolare non supera il nostro "test" : è il modello che riproduce il fattore di forma sperimentale senza chiamare in causa i gradi di libertà pionici. Questa è l’ulteriore conferma della validità dei bag models per il nucleone, ed in generale per gli adroni: in questi modelli, ispirati alla QCD, i quark si muovono liberamente all’interno di una regione di confinamento, la bag, circondati da una nuvola mesonica.

Recentemente sono apparsi in letteratura modelli che inglobano il contributo dei mesoni nel potenziale tra i quark: un’estensione naturale di questa tesi potrebbe essere quella di calcolare esplicitamente il contributo alla polarizzabilità elettrica ed alla suscettività magnetica dovuto ai gradi di libertà mesonici. Nel paragrafo finale, dedicato alla prospettive future, indichiamo come questo possa essere fatto ricorrendo ancora alla tecnica delle Regole di Somma. Il calcolo esatto del contributo pionico, accanto a dati sperimentali più accurati, dovrebbe essere in grado di fornire un test più stringente per i modelli di struttura adronica presenti e futuri.
 
 

FUNZIONI DI STRUTTURA POLARIZZATE E NON POLARIZZATE AL NEXT-LEADING ORDER E CORREZIONI ALLO SCALING DI BJORKEN

INTRODUZIONE

Quello di quark costituente è stato uno dei concetti più fruttuosi per la fisica del secolo ventesimo. Fu proposto per spiegare la struttura di un gran numero di barioni scoperti negli anni sessanta. Poco dopo la diffusione profonda di leptoni da protoni fu spiegata in termini di costituenti puntiformi chiamati partoni. Così fin dall’inizio dello studio della struttura degli adroni, sorse la necessità di collegare la descrizione nel sistema del laboratorio, basata su quark costituenti, e quella basata sui partoni e costruita sul cono di luce.

La nascita della Cromodinarnica Quantistica (QCD) e la dimostrazione che essa, è una teoria di campo asintoticamente libera, stabilì le basi per la comprensione dei fenomeni della diffusione profondamente anelastica ben oltre il modello a partoni. L’approccio perturbativo della QCD non fornisce, però, valori assoluti degli osservabili, ma solo la loro variazione con il momento trasferito. La descrizione basata sull’espansione del prodotto di operatori (OPE) e l'evoluzione della QCD, richiedono, per essere realmente predittive, elementi di matrice valutati ad una scala non-perturbativa. Dato che tali elementi di matrice non sono noti, la sola cosa che si è in grado di fare è quella di collegare dati a differenti scale di momento trasferito.

In tale analisi fenomenologica le distribuzioni di partoni sono ottenute per mezzo di fits ai processi di scattering. La procedura fondamentale è quella di trovare una parametrizzazione per un valore di momento trasferito  sufficientemente elevato così che ci si possa attendere che la teoria perturbativa sia chiaramente valida e quindi usare le tecniche di evoluzione della QCD per determinare le distribuzioni di partoni a valori più elevati di momento trasferito. Come esempio si può mostrare una recente parametrizzazzione dovuta a Martin, Sterling e Roberts (  = 4 Gev2):

Queste distribuzioni sono definite nello schema di fattorizzazione e rinormalizzazione chiamato MS ed il parametro L
 della scala della QCD risulta 0.231 GeV. Con questo fit un grande insieme di dati sperimentali può essere descritto. L’origine di questa parametrizzazione, però, ha scarse basi teoriche. Da questo punto di vista i lavori di Gluck, Reya e Vogt sono stati molto illuminanti. Questi autori partono da una parametrizzazione della distribuzione di partoni ad una scala  molto bassa che richiama quella del modello a quark della struttura adronica: il contributo dei quarks di valenza alla funzione di struttura risulta essere dominante. La scala  è determinata da una scala intermedia Q2 evolvendo indietro il secondo momento della distribuzione dei quarks di valenza. Questa procedura fu suggerita, molto tempo addietro, da Parisi e Petronzio. Il loro argomento è il seguente: se si prende in considerazione la parte a lungo raggio dell’interazione (confinamento) il protone è composto, nel sistema P? , di soli tre quarks. Se si considera, in aggiunta, anche la parte a corto raggio dell’interazione (QCD perturbativa) usando il gruppo delle rinormalizzazioni, si possono introdurre gluoni e mare. La loro ipotesi principale è che esiste una scala  tale che l'assenza di gluoni è verificata. L’ultimo passo è fornito dal lavoro di Jaffe e Ross, [Jaf80]. Secondo questi autori i modelli a quarks dovrebbero essere usati per calcolare i valori degli elementi di matrice che entrano nell’analisi basata sulla QCD per la diffusione di leptoni da adroni. I modelli a quark hanno bisogno di essere reinterpretati per essere usati insieme con la teoria della QCD perturbativa. In un modello a quark ogni elemento di matrice locale è un numero. In QCD è una funzione di Q2. In un modello a quark il nucleone consiste, in prima approssimazione, di tre quarks di valenza. In QCD questa approssimazione non può essere corretta a tutti i valori di Q2, i quarks irraggiano gluoni e coppie di quark-antiquark, ed il nucleone appare molto diverso a scale diverse. Jaffe e Ross ipotizzarono che i calcoli di modello a quark per gli elementi di matrice, forniscono il loro valore ad una scala adronica  che, per valori di Q2 più elevati le loro funzioni coefficienti evolvono come nella QCD perturbativa. In questa maniera essi definirono uno schema predittivo basato sulla QCD.

Il formalismo sviluppato in questa tesi mette insieme tutti gli ingredienti in uno schema predittivo seguendo le idee sviluppate da Traini, Conci e Moschella. La scala  è determinata evolvendo all’indietro da energia alta i dati sperimentali per il secondo momento della funzione di distribuzione dei quarks di valenza. Gli elementi di matrice saranno calcolati usando vari modelli a quarks, e quindi una procedura di evoluzione sarà utilizzata per predire i dati ad alto momento trasferito (p, e. Q2= 10 GeV2). Il formalismo può essere sviluppato in un modo consistente e due problemi di cui soffrono molti approcci, saranno trattati: quello relativo all’evoluzione e quello del supporto delle distribuzioni di partoni. Infatti la scala adronica determinata seguendo la procedura descritta sopra, risulta molto bassa ( 0.1 GeV2), così che il formalismo convenzionale dell’evoluzione all’ordine più basso (Leading Order, LO) che viene spesso utilizzato, sembra non adeguato. Verrà perciò sviluppato un formalismo al primo ordine (Next – to – Leading Order, NLO) da confrontarsi con calcoli più convenzionali. Siccome a questo ordine perturbativo le distribuzioni dei partoni non sono univocamente definite ma dipendono dallo schema di fattorizzazione, uno spazio sarà dedicato alle conseguenze che derivano da una tale dipendenza. In più, poiché le convenzionali equazioni di evoluzione a questo ordine perturbativo non sono simmetriche rispetto allo scambio , si è cercato di porle in una forma simmetrica. Le distribuzioni teoriche spesso non si annullano per x >1, una condizione legata alla corretta conservazione di energia e quantità di moto, e non hanno il giusto supporto. Si discuterà in dettaglio come modificare il formalismo per introdurre il corretto supporto.

Il formalismo sviluppato, sia per il calcolo degli elementi di matrice alla scala adronica, che per l'evoluzione al NLO, può essere generalizzato alle distribuzioni polarizzate di partoni anche in virtù dei recenti sviluppi della teoria perturbativa al NLO per la diffusione di leptoni polarizzati su bersagli polarizzati. Un contributo rilevante alla polarizzazione del nucleone viene dalla polarizzazione dei gluoni, e questo è calcolabile in maniera consistente solo includendo il NLO. Una buona parte della tesi sarà dedicata allo studio delle distribuzioni polarizzate al NLO come previste da modelli a quarks, essa rappresenta un contributo originale ed è stata inclusa in un articolo in corso di preparazione.

Si discuteranno inoltre due altri contributi rilevanti per il calcolo delle distribuzioni di partoni alla scala adronica: il contributo di gluoni "primordiali", e quello relativo alla presenza di coppie uu e dd, provenienti dalla nuvola virtuale pionica del nucleone e che danno un contributo alla diffusione anelastica noto come processo di Sullivan, [Sul72]. Questo contributo è stato oggetto di un recente dibattito perché evidenze sperimentali hanno dimostrato la non simmetria del mare di coppie qq, mostrando, in particolare che d > u. Per la prima volta si è tentato di inserire questo contributo in un calcolo di modello delle distribuzioni di partoni non polarizzati dimostrandone l'importanza per il calcolo delle distribuzioni singolette di mare e gluoni. Questa parte della tesi sarà proposta per la pubblicazione.
L’ultima parte della tesi è dedicata a contributi alle funzioni di struttura che vanno oltre le correzioni logaritmiche proprie dell’evoluzione della QCD. Sono correzioni di potenza del tipo C(x)/Q2 e sono rilevanti particolarmente nell’analisi dei dati ad alti valori di x. Questi contributi possono essere inclusi in modo effettivo attraverso l'uso di variabili di scaling diverse da quella di Bjorken. Un esempio storico è dato dalla variabile di Nachtmann che include correzioni del tipo M/Q2 dove M è la massa del bersaglio. In questa parte si discuterà l'uso di altre variabili di scaling che tengono in conto parte dell’interazione del partone interagente col fotone virtuale, con i partoni restanti del nucleone. Anche questa parte della tesi è inclusa in una pubblicazione inviata a Physics Letter B, ed è stata sviluppata in collaborazione con il prof. Shmuel Gurvitz del Weizmann Institute (Israele). Alcuni sviluppi sono in corso di studio come sarà discusso nel capitolo quarto.

Questo lavoro di tesi non sarebbe stato possibile, se non ci fosse stato il sostegno permanente da parte del mio relatore Marco Traini che ringrazio con sincerità: è stato un valido punto di riferimento e attraverso il suo esempio di umanità e di ottimismo m ha insegnato cose che vanno oltre la Fisica. Il ringraziamento si estende all’amicizia di cui m ha fatto parte durante tutti gli anni di vita universitaria trascorsi a Trento.

Ringrazio inoltre il prof. Shmuel Gurvitz del Weizmann Institute (Israele): attraverso la sua fattiva collaborazione mi ha reso possibile dare un primo "nano – contributo" alla Scienza.

Un ringraziamento sincero al prof. Vicente Vento dell’Università di Valencia, che delineò tutti i passi che portarono alla soluzione del problema della simmetrizzazione delle equazioni di evoluzione al NLO che è alla base del mio lavoro.

Ringrazio ancora tutti i membri del Dipartimento di Fisica e in particolare il gruppo teorico per lo spazio assegnatomi e in cui potevo lavorare con tranquillità.

Infine (ma solo perché il modo tradizionale di scrivere prevede un certo ordine sequenziale che è del tutto inesistente quando vengono espressi dei sentimenti come succede proprio in queste righe) rivolgo i più sinceri ringraziamenti ai miei genitori che con immensa fiducia da sempre mi sono stati punto di sostegno, e di cui l'aspetto materiale non è sicuramente quello più importante.
 
 

POLARIZZABILITA' ELETTRICA DELL'ATOMO DI IDROGENO: ASPETTI CLASSICI E QUANTISTICI

INTRODUZIONE

L’atomo di idrogeno per la sua semplice struttura e tradizionalmente un sistema privilegiato per essere usato a scopo pedagogico sia nella descrizione classica che quantistica di alcuni fenomeni microscopici. La risposta di un tale atomo ad un campo elettrico statico e un esempio di questi fenomeni e rappresenta una risposta lineare del sistema alla perturbazione esterna, portando al concetto della polarizzabilità elettrica.

La polarizzabilità elettrica e una grandezza di carattere microscopico legata alle proprietà atomiche ed e inoltre una costante caratteristica di ciascun atomo. Calcolare la polarizzabilità significa determinare l'effetto di un campo elettrico esterno sull’atomo ovvero determina quanto momento di dipolo elettrico può essere indotto nel sistema a causa del campo elettrico esterno; rappresenta una delle proprietà fondamentali elettromagnetiche.

Nell’approccio classico si assume 1’ idrogeno approssimato da una distribuzione di carica elettrica di densità di carica costante e simmetria sferica; il protone puntiforme occupa, quando non e applicato il campo elettrico esterno, la posizione di equilibrio al centro della sfera di raggio R. Una stima classica può essere ottenuta approssimando 1’ effetto dovuto al campo elettrico statico esterno come uno spostamento rigido della nuvola elettronica. In questo caso si ottiene il valore per la polarizzabilità a =R’.

Nella meccanica quantistica invece il calcolo della polarizzabilità e connesso allo splittamento dei livelli di energia dell’atomo di idrogeno causata dal campo elettrico esterno uniforme e e questo fenomeno viene chiamato effetto Stark. Per la sua valutazione in generale possiamo usare la teoria perturbativa applicata all’Hamiltoniana

dove e è il valore assoluto della carica elettrica, me è la massa dell’elettrone, Dz =- ez è il momento del dipolo elettrico, r è la coordinata relativa dell’elettrone rispetto al nucleo atomico ed infine e è il campo elettrico applicato nella direzione dell’asse delle z positivo. La correzione all’ordine più basso dell’energia dello stato fondamentale dell'idrogeno e quadratico nella perturbazione del campo elettrico. La polarizzabilità è definita attraverso la variazione dell’energia dello stato atomico

ed è data da

dove si indica con lo stato fondamentale dell’atomo di idrogeno e conglistati eccitati. La somma su n comprende non solo gli stati legati ma anche gli stati del continuo.

Una valutazione della polarizzabilità elettrica dell'atomo di idrogeno è stata proposta da Dalgarno e Lewis e il suo valore risulta,

Confrontando il risultato classico e quantistico si può notare che nella sfera rigida il raggio non può essere identificato con il raggio di Bohr. La differenza rimanente può essere attribuita alla deformazione indotta alla nuvola elettronica dovuta al campo elettrico esterno. L’obiettivo di questo lavoro è calcolare la polarizzabilità elettrica dell'atomo di idrogeno sia dal punto di vista classico che quantistico.

Nel primo capitolo analizziamo il formalismo fisico su cui si basa il fenomeno della polarizzabilità elettrica. Si parla brevemente dell’atomo di idrogeno, si introduce l'atomo in un campo elettrico esterno e si studia l'effetto Stark con la teoria perturbativa e di conseguenza la polarizzabilità sia dal punto di vista classico e quantistico.

Nel secondo capitolo si introduce la tecnica di rogele di somma e si discute il suo uso per dare dei limiti rigorosi alla polarizzabilità Infine nel terzo capitolo tramite l'approccio variazionale si studiano classicamente e quantisticamente gli effetti del campo elettrico sulla densità di carica dell’elettrone.
 
 

REAZIONI DI CATTURA DI NUCLEONI SU ISOTOPI DEL MAGNESIO

INTRODUZIONE

Uno dei quesiti fondamentali cui l'astrofisica nucleare tenta di dare una risposta riguarda il modo in cui si sono formati gli elementi, costituenti la materia di cui si compone il nostro universo. Alla comprensione del fenomeno della nucleosintesi, ossia della creazione degli elementi nell'universo primordiale, nella materia interstellare e nelle stelle, è legata anche la soluzione di tutta una serie di problemi attualmente ancora aperti, quali il problema della materia mancante, la riunificazione delle quattro forze fondamentali, e la risposta alla domanda se il nostro sia un universo aperto, chiuso o stazionario. Questo lavoro si propone lo studio delle reazioni di cattura, 27Mg(ng )28Mg e 23M(p,g)24Al, relative ad isotopi del magnesio, inserendole nel più generale contesto dell'astrofisica nucleare ed in particolare della nucleosintesi stellare. Entrambe queste reazioni sono studiate tenendo conto delle differenti condizioni di temperatura presenti negli scenari astrofisici in cui si pensa abbiano luogo i processi nucleosintetici che le vedono coinvolte.
La reazione 27Mg(ng )28Mg è di rilevanza negli scenari astrofisici ricchi di neutroni, come nel cosiddetto processo a presente nelle supernovae e nel modello del Big Bang inomogeneo (cfr. § 1.3.4) ed in particolare nella sua fase di raffreddamento ("freeze-out").

La reazione 23M(p,g)24Al risulta invece fondamentale alla comprensione di un altro tipo di processo nucleosintetico, il processo rp (= rapid proton capture). Dal rapporto esistente tra la sua sezione d'urto e quella relativa al decadimento b+ del 23Mg, oltre che ovviamente dalle condizioni di temperatura e densità presenti nella stella dipende infatti l'andamento successivo della rete di reazioni di cattura protonica e di conseguenza la formazione di ulteriori elementi pesanti (cfr. § 1.3.4).

A causa delle piccole energie in gioco (E < 1 MeV) e dell'estrema instabilità dei nuclei coinvolti le misure sperimentali delle sezioni d'urto per entrambe le reazioni risultano al momento impraticabili. Le energie termonucleari presenti negli scenari astrofisici sono infatti molto più basse di quelle generalmente utilizzate negli acceleratori di ricerca per le misurazioni delle sezioni d'urto; lo sviluppo di tecniche che permettano di estrapolare dai dati sperimentali esistenti le grandezze alle energie cercate, risulta in tal modo indispensabile. Molto spesso non esistono tuttavia dati disponibili: la previsione teorica diventa così l'unico modo di ottenere i valori cercati.

Il modello utilizzato in questo lavoro per il calcolo della sezione d'urto è il cosiddetto modello di cattura diretta (DC), che ha il vantaggio di riuscire a coniugare la rigorosità tipica dei modelli microscopici con la flessibilità di quelli fenomenologici. Per la descrizione dell'interazione tra il nucleo targhetta ed il proiettile (nucleone) si ricorre ad un potenziale ottico, il potenziale di folding. Il contributo del meccanismo di cattura diretta alla sezione d'urto si rivela infatti importante a basse energie per molte reazioni di cattura e non può quindi essere trascurato. Nel calcolo della sezione d'urto è utilizzato il programma TEDCA [Kra92] e per la determinazione del potenziale di folding il programma VOLD [Hau86].

Nel capitolo 1 è riportata un'ampia sintesi dei vari stadi di cui si compone la nucleosintesi degli elementi: la nucleosintesi primordiale, la nucleosintesi interstellare e la nucleosintesi stellare; in special modo viene studiata la nucleosintesi stellare, di cui vengono descritte in dettaglio le varie fasi. Particolare attenzione è riservata poi a quei processi, il processo r, aed il processo rp, che vedono coinvolte le reazioni studiate.

Nel capitolo 2 viene introdotta una grandezza fisica fondamentale nello studio della nucleosintesi: il tasso di reazione stellare. Ad esso sono legate importanti grandezze caratteristiche, quali la scala dei tempi relativa all'evoluzione stellare, la produzione d'energia di una stella e la nucleosintesi degli elementi.

Nel capitolo 3 è fornita una panoramica dei modelli di reazione più usati in astrofisica nella trattazione dei processi nucleari. Ampio spazio viene inoltre dato al modello di cattura diretta, utilizzato in questo lavoro nello studio delle reazioni trattate, ed al potenziale di folding.

Nel capitolo 4 sono infine presentati i risultati ottenuti con il modello di cattura diretta (DC) per le reazioni  27Mg(ng )28Mg e 23M(p,g)24Al, entrando nello specifico dei calcoli effettuati per determinare sia la sezione d'urto che il tasso di reazione cercati.

GLI INIZI DELLA MECCANICA QUANTISTICA E LA REGOLA DI SOMMA DI THOMAS-REICHE-KUHN

INTRODUZIONE


Per fisica classica si intende l’insieme delle conoscenze fisiche completate prima dell’avvento della teoria dei quanti (1900) e della teoria della relatività (1905). Tutta la fisica classica potrebbe essere ordinata in tre discipline: la dinamica, l’elettromagnetismo e la termodinamica e statistica.

La dinamica, iniziata con Galileo (1564 1642), fu fissata definitivamente da Newton (1642-1727) e con Hamilton (1805-1865) arrivò al suo massimo sviluppo. L’elettromagnetismo può ricondurre le sue origini alle esperienze di Ampere (1775- 1836) e Faraday (1791-1867) e la sua formulazione definitiva, comprendente anche l’ottica, è dovuta a Maxwell (1831-1879). La produzione di onde elettromagnetiche in laboratorio realizzata da Hertz nel 1888, la teoria dell’elettrone di Lorentz e l’identificazione sperimentale dell’elettrone da parte di J. J. Thomson nel 1897, rendono “completa” la fisica dell’elettromagnetismo.

Il calore e la termodinamica trattano certe proprietà della materia nel suo complesso, stabilite dai lavori e dalle esperienze di Joule (1818 - 1889), Helmotz (1821 - 1894), Clausius (1822 - 1888) e Lord Kelvin (1824 - 1907). La teoria cinetica dei gas può essere ricondotta a D. Bernoulli (1700-1782) e i principali sviluppi videro protagonisti Maxwell e Boltzmann (1844-1906) con i loro studi degli anni 1860- 1870. La teoria cinetica stabilisce il legame tra la dinamica molecolare ed i concetti macroscopici di temperatura ed energia termica.
Viene quindi introdotto nella fisica il concetto di probabilità e quindi di valore medio (mediando per esempio l’energia cinetica di un gran numero di particelle).

La meccanica statistica di Maxwell e Boltzmann tenta di creare un ponte tra il punto di vista microscopico e molecolare descritto dalla meccanica classica ed il punto di vista macroscopico governato dalle variabili termodinamiche, per mezzo dei concetti statistici (come quello di “ensembles”) e dell’ipotesi ergodica (poi sostituita da una formulazione assiomatica di alcuni postulati). Verso la fine del secolo diciannovesimo la fisica nel suo complesso rappresentava un sistema di enorme successo. La legge del moto di Newton insieme alla teoria (ancora di Newton) della gravitazione universale formava le basi dei successi della dinamica celeste; la stessa legge del moto insieme alla teoria cinetica fissava le leggi della dinamica dei fluidi. La teoria del campo elettromagnetico sembrava rendere conto di tutti i fenomeni noti dell’elettromagnetismo e della luce; la termodinamica e la meccanica statistica sembravano descrivere le proprietà della materia nel suo complesso: la fisica sembrava quasi completa.

Verso la fine del secolo furono resi noti i risultati sperimentali di due gruppi di ricerca: quelli di Michelson e Morley, che tentavano di rilevare gli effetti del moto della terra sulla propagazione della luce, e quelli di Paschen (ed altri) sulla distribuzione spettrale della radiazione emessa da un “corpo nero” a temperatura T. I primi portarono alla formulazione delle trasformazioni di Lorentz ed, in seguito, alla teoria speciale della relatività di Einstein del 1905, gli altri alla teoria dei quanti di Planck del 1900. La scoperta della radioattività naturale ad opera di Becquerel nel 1896, e le leggi sul decadimento scoperte da Rutherford e Soddy negli anni 1900- 1963 rivelarono la loro natura probabilistica simile poi a quella della meccanica quantistica.

La teoria dell’interazione della radiazione con la materia segna i primi passi di una formulazione quantistica delle leggi del mondo microscopico: questa tesi vuole mettere in luce alcuni specifici aspetti di questa storia mettendo a fuoco il ruolo che nella teoria hanno avuto le proprietà integrali dell’assorbimento della radiazione elettromagnetica, spesso denotate con il nome di regole di somma. Queste proprietà integrali hanno il grande pregio di essere valide nella formulazione classica come nella formulazione quantistica dell’assorbimento e hanno rappresentato un ponte importante nel tentativo di formulare una teoria microscopica della materia.
Riprendere il filo del loro influsso nello sviluppo della meccanica quantistica costringe alla ripresa di concetti classici dell’interazione radiazione materia, all’approfondimento del collegamento rappresentato dalla teoria Hamiltoniana della meccanica classica con la teoria quantistica, allo studio delle regole di somma nella meccanica classica e in quella quantistica.

A questo scopo nel capitolo I discutiamo l’assorbimento nella meccanica classica e, attraverso lo studio della suscettività elettrica e delle sue proprietà integrali, note con il nome di relazioni di Kramers-Kronig, ricaviamo il legame con la sezione d’urto d’assorbimento classica e la regola di somma di Thomas-Reiche-Kuhn relativa a questa grandezza.

Nel capitolo II ripercorriamo la strada seguita per descrivere le relazioni classiche definendo la suscettività elettrica e la sezione d’urto d’assorbimento per il caso quantistico. In questa sezione, nella quale l’approccio quantistico è reso il più aderente possibile a quello classico, mettiamo in luce e discutiamo le analogie e le differenze che si riscontrano con il caso classico.

Trattiamo quindi nel terzo capitolo la formulazione moderna delle regole di somma mostrandone le caratteristiche principali e i legami esistenti con le regole di commutazione. Sviluppiamo inoltre a fondo, come esempio illustrativo, il caso semplice dell’atomo di idrogeno e troviamo la regola di somma di Thomas-Reiche-Kuhn anche per un sistema più complesso.

Nei capitoli IV e V esaminiamo il percorso più propriamente storico, necessario per capire a fondo l’importanza delle regole di somma (della Thomas-Reiche-Kuhn in particolare) nella nascita della meccanica quantistica. Dopo aver ripercorso la teoria Hamiltoniana dei sistemi meccanici e ricordato i passaggi chiave e le basi sulle quali è nata la meccanica quantistica, cioè la teoria di Bohr, la teoria di Einstein sulle probabilità di transizione e il principio di corrispondenza, discutiamo la teoria della dispersione elaborata agli inizi del 1925 da Kramers e Heisenberg. Discutiamo in modo molto approfondito questo lavoro seguendo lo stesso percorso fornito dagli autori nel loro articolo. Le idee esposte in questa teoria furono di fondamentale importanza per Heisenberg allorché cercò di dare una struttura coerente alla teoria dei quanti. Nel capitolo V esponiamo come è nata la meccanica quantistica (o meglio la meccanica delle matrici, come la chiamiamo oggi) e mostriamo l’importanza che ebbero in questo lavoro sia la teoria della dispersione citata sopra, sia la regola di somma di Thomas-Reiche-Kuhn.

Ciò che emerge è il ruolo attivo che tale regola di somma ha avuto nella scoperta delle regole di commutazione grazie alle quali essa assume, anche nel caso quantistico, il medesimo valore di quello classico. E’ proprio questa proprietà che permette di mettere in luce la caratteristica di questa regola di somma: costituire un “ponte” per il passaggio dalla teoria classica a quella quantistica, mantenendo un collegamento tra due teorie nettamente separate tra loro
 
 

MODELLO A QUARKS DEL NUCLEONE CON CINETICA RELATIVISTICA

charmed => da 1.0 a 1.6 MeV
bottom => da 4.1 a 4.5 MeV
top => da 65 a ? MeV
Si dà l'attributo "light" ai primi tre (up, down, strange) ed "heavy" ai rimanenti (charmed, bottom, top); lo stesso aggettivo viene riferito ai mesoni e barioni che li contengono.
Il nucleone è un particolare barione formato da 3 quarks leggeri della 1° generazione: up, down.

Le possibilità dicombinazione dei 2 flavours sono 4:
 
 
 

flavour uuu uud udd ddd
carica +2 +1 0 -1
nome D++ p+D+ n0D0 D-

Nota: Le risonanze hanno a volte nomi diversi dallo stato fondamentale.

Il protone e il neutrone sono così 2 nucleoni particolari, in natura quelli più stabili di tutta la famiglia barionica.
Essi compongono i nuclei degli atomi; questi ultimi si organizzano in molecole e cristalli che danno poi forma al mondo organico e inorganico.

L'idea di pensare al protone e al neutrone come sistemi composti lascia pensare alla possibilità di "eccitare" il sistema come succede ad esempio per un atomo o un nucleo.

Tali livelli energetici o risonanze sonos tati effettivamente osservati e si è potuto compilare un vero e proprio spettro di eccitazione sperimentale con l'indicazione, in molti casi, anche dei numeri quantici caratteristici: parità, momento angolare e isospin.

Oltre allo spettro altre grandezze, come i raggi quadratici medi e i momenti magnetici, sono state misurate con esperimenti di scattering.

In questa prospettiva viene naturale chiedersi quale forza sia responsabile del legame tra i 3 quarks che compongono il barione.
Il modello standard propone una teoria, la Q.C.D. (Quantum CromoDynamic) in cui le forze sono descritte da una teoria di gauge SU (3).
L'idea è che esista una carica "cromatica" positiva per i quarks e negativa per gli antiquarks che si presenta in 3 stati di colore: red, green, blu la cui somma si annulla.

I 3 quarks nel barione hanno 3 colori diversi (e periò carica cromatica totale nulla) ed interagiscono scambiandosi dei gluoni che, al contrario dei fotoni mediatori dell'interazione elettromagnetica, portano carica cromatica e mutano quindi quella dei quarks che li emettono o assorbono.
Ad esempio un quark re può emettere un gluone red-antiblu e diventare blu; un quark blu assorbendo questo gluone diventa red.

Il campo guonico, con le sue 8 componenti, è quindi responsabile del stato legato "barione"; ciò significa che, in qualche modo questi 3 quarks si attirano.
Come?
L'idea è di carcare una prima approssimazione di questa forza utilizzando, non la teoria dei campo Q.C.D. che presenta notevoli difficoltà nel calcolo, ma un semplice modello hamiltoniano di dimensione finita con un potenziale di interazione posizionale "ipercentrale" che dipende da "quanto " i 3 quarks sono distanti tra loro.
A differenza di approcci precedenti (vedi articolo di Giannini et altri in appendice) in questa tesi si considera l'espressione relativistica dell'energia cinetica, visto che le velocità dei quarks sembrano essere vicine alle velocità della luce c.
Ciò si può capire con un semplice ragionamento: i quarks sono confinati in uno spazio approssivamente sferico con raggio di circa 1 fm, raggio del protone.
Per il principio di indeterminazione  quindi .

La massa dei quark non può suprare 1/3 della massa del protone che vale rica 940 MeV. Il rapporto fra impulso e massa è quindi maggiore di circa 2/3: ciò significa che ho velocità dell'ordine di c e la descrizione cinetica classica diventa completamente inadeguata.

Le soluzioni di questo modello non si possono trovare con i metodi classici utilizzati per risolvere equazioni differenziali del 2° ordine. Va sviluppata quindi una procedura di calcolo approssimato adatto per risolvere questo nuovo problema.

Il presente lavoro presenta quindi una soluzione computistica del modello secondo le linee proposte dal relatore; si allega in appendice il codice sviluppato in ambeinte DOS con il quale si ricavano i risultati per i primi livelli eccitati del nucleone nel caso di semplici potenziali.