A cavallo tra il '700 e l'800, due Dalfovo con
le rispettive famiglie si insediarono in una casa in località
Canevarie a Mezzolombardo. Uno era Bartolomeo Antonio (Bortolo),
figlio di Bartolomeo di Andalo, e l'altro era Giovanni Giacomo
(Giacomo), figlio di Domenico dai Sorni. Benché il grado
di parentela tra i due rimanga ancora da verificare, essi
appartenevano certamente allo stesso ramo dei Dalfovo di Andalo,
quello dei Todeschi. Domenico,
padre di Giacomo, era nato ad Andalo ed era sceso a Nave S. Rocco
con suo padre intorno al 1755, stabilendosi poi ai Sorni. Giacomo
si sposò presso la parrocchia di Nave S.Rocco con Dorotea
Trinza di Spormaggiore nel 1788. E' probabile che si siano
trasferiti nella casa delle Canevarie a Mezzolombardo dopo le nozze.
Bartolomeo Antonio era più giovane, essendo nato nel 1783,
e non si sa se viveva già in quella casa con la famiglia o
se li raggiunse in seguito.
I primi Dalfovo delle Canevarie erano registrati all'anagrafe come contadini e mugnai. È possibile che, oltre a coltivare qualche pezzo di terra, i nostri avessero anche in affitto un mulino su una delle rogge di Mezzolombardo, magari lo stesso Rio vicino a cui abitavano. In zona vi erano numerosi mulini all'epoca, quasi tutti di proprietà dei Conti Spaur, la più potente famiglia nobile della zona, che possedeva l'unico castello del paese (Castello della Torre) e gran parte dei terreni a ridosso della montagna. Anche se il villaggio di Mezzolombardo non era soggetto ad oneri feudali, in quanto direttamente dipendente dal Principe Vescovo di Trento, la famiglia Spaur aveva comunque una forte influenza sull'economia e la vita del luogo. Sul colle detto "Toresela" sorgeva anticamente il primo castello degli Spaur a Metz, ora scomparso. Qui sotto si vede un dettaglio della mappa che il Burgklehner disegnò nel 1611. Sulla destra in basso sono disegnati i due edifici principali di Mezzolombardo all'epoca: la chiesa di S.Pietro e il castello con la scritta Thurm (torre). Sulla sinistra, sempre in basso, è disegnato il castel Belfort-Altspaur, vicino a Spormaggiore, sede della famiglia Spaur. Di fronte a Metz S. Pietro (Mezzolombardo) si vede Kronmetz (Mezzocorona) con il Castello di S. Gottardo incassato nelle rocce del monte sovrastante.
Nelle Canevarie abitarono le due famiglie di Bartolomeo e Giacomo, i loro figli e i loro nipoti. Dei figli di Giacomo, tuttavia, solo Giovanni Francesco ebbe discendenza e, di questi, solo il figlio Giacomo, nato nel 1826. La prima moglie di questi morì, di colera, assieme alla nonna paterna, in una epidemia che colpì gravemente la zona nel 1836. Giacomo, con la seconda moglie e i suoi figli, emigrò in Brasile nel 1875, così che nella casa delle Canevarie rimasero solo i discendenti di Bartolomeo. Questi erano assai più numerosi. Bartolomeo ebbe 18 nipoti da due suoi figli maschi, Bartolomeo Romedio e Pietro Antonio; Il solo Bartolomeo Romedio ebbe poi 13 figli e 42 nipoti (contando solo i figli dei figli maschi, che mantenevano il cognome Dalfovo). La località Canevarie è uno dei gruppi di case più antichi di Mezzolombardo (detti anche "colomèi", sinonimo dialettale di "rioni" o "contrade" e derivante, con tutta probabilità, dal latino colonus, per indicare le abitazioni dei coloni-contadini, con le loro pertinenze). Le Canevarie compaiono, come "Canipe" o "Caniparie", nei primi documenti scritti di Mezzolombardo (allora Metz, o Metz di S. Pietro), già tra il 1100 e il 1300. La contrada deve il suo nome al termine latino "Canipa", che nel gergo medioevale indicava il luogo dove venivano raccolti e immagazzinati i prodotti agricoli. Nel caso specifico si trattava dei prodotti destinati alle mense del principe vescovo di Trento, essendo Mezzolombardo sotto la diretta giurisdizione di questi. Nelle caniparie di Metz confluivano, sin dalle origini del principato vescovile trentino, frutta, vino, grano ed altri beni, provenienti dalla piana rotaliana e dal vicino villaggio di Fai. Le canipe, da cui origina il termine dialettale "caneve" che oggi identifica le cantine scavate in profondità, erano disposte a ridosso del colle di S.Pietro, sul quale stava, e sta tuttora, l'antica chiesa di S.Pietro. Da questa disposizione si traevano alcuni vantaggi, quali: il fatto che il versante nord del colle era quasi sempre in ombra, era abbastanza ventilato e secco per effetto delle brezze di monte che scendevano dalla sovrastante valle del Rì, e il terreno, fatto di sedimenti e conglomerato, si prestava allo scavo delle caneve profonde.
Una mappa catastale della stessa zona è riprodotta qui sopra (cliccare per ingrandire). La mappa risale alla seconda metà dell'800, posteriore alla costruzione della nuova chiesa di S. Giovanni Battista. Il Rio è indicato col nome "Roggia" e scende dal Fausior entrando nell'abitato a nord del colle di S.Pietro, lungo l'attuale Via Canevarie, a metà della quale si incanala nel sottosuolo. Fino ai primi decenni dell'800 il Rio scorreva più a nord, passando a fianco della chiesa parrocchiale e perdendosi poi nelle campagne vicine. Il suo corso fu spostato e parzialmente intubato a seguito del lento ma continuo innalzamento del suo letto e il conseguente pericolo di esondazione. Il primo ponticiattolo che il Rio trovava sul suo corso era quello della stradina che saliva dalla chiesa di S.Giovanni Battista verso l'antica chiesa di S.Pietro (riquadro di sinistra). Più a valle, la dove il Rio si incanala nel sottosuolo (oggi, in realtà, è incanalato un centinaio di metri a monte), la strada si allarga formando una piazzetta. La casa dove si stabilirono i primi Dalfovo è probabilmente l'attuale numero civico 13 di Via Canevarie, adiacente alla piazza, dove questa si restringe per poi sboccare nella strada principale del paese (la particella annerita nel riquadro a destra). Questa casa infatti, intorno al 1830, risulta registrata al catasto come proprietà di Marianna Devigili, moglie di Bartolomeo Romedio Dalfovo. I due si sono sposati nel 1828, ma è probabile che abitassero già nella stessa casa anche i genitori di Bartolomeo Romedio, ovvero quel Bartolomeo Antonio Dalfovo (Bortolo, figlio di Bortolo di Andalo) di cui si parlava all'inizio di questa pagina, e sua moglie Caterina De Villi. Ancora oggi la casa è abitata da una famiglia Dalfovo, quella di Paolo, figlio di Emilio, nipote di Adamo, quest'ultimo essendo figlio di Giovanni Battista (Giobatta) e nipote del già menzionato Bartolomeo Romedio. Un altro figlio di quest'ultimo, Giacomo Giovanni, si stabilì non lontano dai genitori, in una casa nuova, all'attuale numero civico 45 della stessa via. Si tratta della casa bianca che nella foto aerea precedente è in alto a sinistra (si veda anche la riproduzione a lato). Nella mappa catastale dell'800, il terreno su cui si trova la casa è identificabile come l'unione delle prime due particelle, a destra del Rio appena superato il ponticello della strada che sale al colle di S. Pietro (riquadro sopra a sinistra). In questa casa Giacomo Giovanni è vissuto con la moglie Carlotta Fellin e i figli. Alla morte Carlotta, nel 1936, i figli rimasti si trovarono nella condizione di dover vendere la casa per poter rimanere in possesso della campagna da coltivare. Uno di questi, Luigi, tornò successivamente nelle Canevarie, con i figli Maria, Luigina, Arturo e Giacinto, in un casa vicina a quella originaria, tuttora di proprietà del figlio Arturo. |